Note di un chitarrista

Note di un chitarrista

 

Un ultimo sguardo di nascosto dal backstage… un oceano di volti, voci, colori… sono calmi, ma lo saranno ancora per poco… mi ricordano me una ventina di anni fa, quando come loro attendevo con ansia anche per giorni il momento in cui avrei visto sbucare qualcuno dalle quinte, quando facevo trasferte sfiancanti di ore ed ore per esserci, per stare li con l’adrenalina a mille aspettando di logorarmi le corde vocali assieme a migliaia di sconosciuti, e dire poi “io c’ero”… la stessa gioia negli occhi, la stessa espressione stanca ma felice… ora mi trovo dall’altra parte, e la cosa vista da qui non mi sembra più così magica.

Eppure non penso che sia cambiato molto, è comparso qualche capello grigio, qualche ruga, ma il cuore è sempre lo stesso… o forse no…

Forse anche lui è invecchiato e non prova più emozione per queste cose…ormai tutto questo è di routine, quasi non mi ricordo come ho cominciato… l’immagine resta sbiadita dal tempo in un angolino della mia mente.

Qualcuno mi chiama, “manca poco”, mi dice… gli ultimi aggiusti, le ultime prove, poi si comincia, come sempre… spostandomi dal punto in cui ero mi guardo in giro, e vedo facce indaffarate che vanno avanti e indietro trascinando strumenti, chiamando in maniera isterica qualcuno di cui non avevo mai sentito parlare, pur lavorando con loro da anni ormai… ci siamo quasi…

Prendo la mia chitarra, e resto un attimo fermo ad osservarla, mentre tutto il mondo continua a scorrermi attorno come un sasso in mezzo ad un fiume… la guardo, accarezzo le corde quasi come se stessi toccando una donna, le quali emettono un suono perfetto, armonico, frutto del mio precedente lavoro di accordatura… osservo ogni piccolo particolare, il manico, i pickup, il ponte, i riflessi lucidi che emana lo strumento tra le mie mani… è bellissima… una Fender Stratocaster nera, simile a quella di Jimi Hendrix… ho sempre sognato di avere quella chitarra che ora stringevo tra le mani, ma chissà perchè non sentivo più le stesse vibrazioni nell’imbracciarla… ora per me era solo un attrezzo del mestiere… come il pittore con il suo pennello…eravamo semplici colleghi…

E il momento tanto atteso da quella folla arriva… una voce annuncia l’entrata del nostro gruppo, il palco viene investito da luci di tutti i colori, e in mezzo ad un brusio simile al rumore delle onde che si infrangono sugli scogli, io e i miei compagni facciamo il nostro ingresso… passo dopo passo, con la mia fender in braccio, mi avvicino a quell’oceano… al primo impatto mi fa quasi paura tutta quella gente, ma è solo un attimo… fermo, con gli occhi che vagano di volto in volto mentre il nostro cantante scalda la folla, penso a quello che farò nelle prossime due ore… i soliti accordi, i soliti ritmi… come sempre…

Ma poi succede qualcosa, un qualcosa che mi coglie ogni volta alla sprovvista, un’emozione già provata ma in qualche modo sempre nuova; il tintinnio dei piatti della batteria, il basso che con morbidezza comincia a dare forma alla canzone e io, che quasi con gesto meccanico sfioro le corde…

E da quel momento la mia mente si perde, vola lontana sull’armonia delle mie note, mi porta in posti mai visti , mentre tutto il resto del mondo resta fuori ad osservare… la canzone entra nel vivo, i tamburi della batteria esplodono sotto ogni colpo, la folla impazzisce, e io, come colpito da un fulmine, vengo attraversato da una scarica di adrenalina che mi fa rabbrividire e riscopro l’amore ormai sopito per la mia compagna a sei corde…
Io e il mio gruppo ormai siamo una cosa sola, indissolubili anche se solo per la durata di una canzone… guardo i volti della gente, in visibilio, felici come non mai, e mi sembra ora di provare le stesse emozioni di un tempo, di stare bene grazie ad una canzone, anche se sono io a suonare…

E adesso eccomi qui, mi sento un dio, migliaia e migliaia di persone che pendono dal mio plettro, sarei capace di andare avanti per anni e anni…

mi guardo intorno e vedo i miei compagni, e capisco che anche loro provano le stesse emozioni, emozioni che ci hanno tenuti insieme per vent’anni e che ci hanno fatto superare ogni tipo di incomprensione… e loro, alzando un attimo lo sguardo dai loro strumenti, mi guardano, quasi come se potessero leggermi nella mente, e con un sorrisetto riabbassano gli occhi…

Arriva il momento dell’assolo; dopo essere stato una voce nella folla, adesso sono come un faro in mezzo al mare… migliaia di occhi puntati su di me, occhi speranzosi, che pregano quasi di sentire solo me… e io li accontento…

Carico di energia e strabordante di adrenalina, esplodo in un turbinio di note velocissime, accompagnato dal costante fragore della batteria e della folla che urla il mio nome; e vado su e giù con toni e semitoni, prima alti poi bassi, gioco con le corde, le tiro, le lascio, e quello che ne esce è un dolce canto, squillante, carico…

Le dita ormai sono fuori controllo, si muovono secondo una loro volontà sul manico d’acero della mia chitarra, che quasi geme al mio tocco…

E la canzone va avanti, l’assolo finisce e i miei compagni con decisione si riinseriscono nella melodia, si ritorna alla strofa, che prosegue con lo stesso vigore, per poi lentamente spegnersi in coda alle ultime parole pronunciate dal cantante…

E così via un pezzo dopo l’altro, ognuno con un suo motivo, un suo significato, un suo sapore… ognuno rappresenta una tappa del nostro grande viaggio, un momento particolare e indimenticabile… le ore scivolano via silenziose, senza che io possa sentire i loro passi, intento come sono a farmi cullare dalla melodia e a innalzarmi libero sopra le teste di tutta quella gente… e mi sento felice…

Poi però la magia finisce… il concerto si chiude, la gente comincia ad andare via, noi torniamo nel backstage, stanchi, distrutti, accolti come eroi dallo staff che ci ricopre di complimenti… eppure mi sento un pò insoddisfatto… triste… quasi come se il mio compito li fosse finito… la chitarra era ormai muta, il fragore della batteria era svanito nel nulla, il basso ora non sussurrava più con la sua voce profonda…

E in quel momento, guardando la luna con una sigaretta in una mano e una bottiglia di birra nell’altra, mi fermo a pensare, e mi ritornano in mente i miei primi passi nel mondo della musica, quando un giovane me poco più che adolescente, assieme e un gruppetto di ragazzi senza arte ne parte ma con un sogno nel cuore, si ritrovava in quel garage a suonare, tra note talvolta stonate e risate, noncuranti dei richiami dei vicini, nel lontano 1991..

Tornando al presente, mi rassegno e finalmente abbraccio la mia condizione: sono costretto a vivere la mia vita due ore alla volta, a sentirmi libero fintantochè la mia chitarra suona… ma una volta che tutto questo finisce, ritorno ad essere un comune mortale, non sono più il dio onnipotente che ero fino a pochi minuti prima… adesso ero uno di quelli che mi guardavano dalla folla, ne più ne meno…

 

Guardo ancora una volta la mia chitarra, che adesso sta riposando nella sua custodia dopo aver dato il meglio di se… e capisco che in quellacustodia non è racchiuso solo un pezzo di legno e metallo… è racchiusa

la mia anima…

 

Luigi Izzo


 





Pubblicato da Luigi_Izzo

Nato a Castellammare di Stabia, fin da bambino coltiva la sua passione per la letteratura, leggendo di tutto. Studente di scienze della comunicazione, adora la musica, in particolare il rock dei Nirvana