INTERVISTA| Francesco Fioretti ci racconta la sua “Selva oscura”. La Divina Commedia “agevole” come un romanzo contemporaneo

INTERVISTA| Francesco Fioretti ci racconta la sua “Selva oscura”. La Divina Commedia “agevole” come un romanzo contemporaneo

Oggi sulle pagine di Scrigno Raffaele Cecoro intervista Francesco Fioretti, scrittore nato a Lanciano, in Abruzzo, nel 1960, da madre siciliana e padre pugliese d’origine toscana. Fiorentina la sua formazione universitaria, ma ha conseguito il dottorato di ricerca ad Eichstätt, in Germania. Ha insegnato in Lombardia e nelle Marche. profondo conoscitore di Dante, ha esordito nella narrativa con Il libro segreto di Dante, che ha conosciuto un rilevante successo, seguito poi da Il quadro segreto di Caravaggio,  La profezia perduta di Dante.

fioretti-620x250

Oggi si racconta e ci parla de “La selva oscura. Il grande romanzo dell’Inferno”  una “riscrittura” in prosa moderna dell’Inferno di Dante (Rizzoli 2015).

[amazon asin=8817079200&template=iframe image]

Dietro ogni libro si cela uno spaccato di storia dell’autore che porta a concepirne l’idea: ebbene come nasce questa sua nuova creatura?

In realtà è da molto tempo che mi chiedo perché non si riesca a realizzare un kolossal cinematografico (tipo Il signore degli anelli) a partire dalla Commedia di Dante. Magari una riscrittura romanzesca può essere un primo tentativo su questa strada. Ma l’idea di scrivere un romanzo della Commedia è maturata lentamente mentre mi trovavo in Germania a fare un dottorato di ricerca. Vedevo che i colleghi tedeschi potevano leggersi tutta la Commedia di seguito come un romanzo moderno, perché se la leggevano nelle recenti traduzioni in prosa tedesca contemporanea. Se  un italiano di media cultura volesse fare la stessa cosa col testo originale dantesco impiegherebbe almeno un anno. Poi un giorno a Ravenna Walter Della Monica, l’organizzatore della rassegna ravennate dei traduttori di tutto il mondo della Commedia, mi ha detto: “Perché non ne fai una traduzione in italiano moderno?”. Così ho cominciato a pensarci, e poi pian piano il progetto si è ampliato ed è diventata un’altra cosa.

I personaggi li conosciamo bene ma da cosa ha fatto derivare la loro introspezione psicologica. Creatività o studio approfondito del testo a cui si ispira?

Entrambe le cose, ma direi che quella più importante è la ricostruzione approfondita del dettato dantesco, rileggendo tra l’altro le fonti a cui attinge la sua psicologia. Ad esempio è difficile capire a fondo il canto di Paolo e Francesca se non si leggono (peraltro in latino) ilDe anima di Aristotele e i trattati sull’amore di Avicenna e dei medici avicenniani del tempo di Dante (nonché in italiano antico leRime di Cavalcanti e di altri poeti del tempo). Detto ciò la fatica non consiste tanto nel riassemblare tutti questi materiali, quanto nel mimetizzarli in una scrittura che non dia l’idea della fatica che c’è dietro, in una scrittura che scorra piana e agevole come dev’essere in un romanzo contemporaneo.

Lo studio dei tempi e dei luoghi per ricreare le atmosfere infernali della Commedia è stato arduo?

Non è stata questa la fatica maggiore: c’è tutto in Dante, è bastato in molti casi semplicemente ampliare ciò che lui esprime con la sinteticità che gli è congeniale.

Quali difficoltà ha incontrato per evitare di trascendere in un banale e sterile “restauro lessicale”?

Eccola, la fatica maggiore: riuscire a trovare un equilibrio stilistico tra Dante e la scrittura romanzesca. Il rischio era, da una parte, di rimanere tanto incollati a Dante da scrivere un’opera illeggibile, dall’altra di scivolare a tal punto nell’italiano odierno da perdere del tutto il sapore dantesco della scrittura. Questo lavoro si è tradotto in una vera e propria impresa, a furia di riscritture e limature successive.

Non ha temuto le pretese che un lettore di una certa cultura potesse avere approcciandosi alla lettura del suo romanzo?

Diciamo prima di tutto che sono pronto a sfidare chiunque a una tenzone dantesca… No, a parte gli scherzi, non ho mai temuto le pretese degli accademici o di coloro che eventualmente si ritenessero gli unici depositari della dottrina dantesca. Dante stesso si preoccupava di invitare ai suoi convivi filosofici anche coloro che non avessero le carte pienamente in regola. E al suo tempo gli accademici lo rimproveravano per non aver scritto il suo poema in latino. Per sua e nostra fortuna non se ne lasciò irretire.

Un’ ultima domanda tendenziosa, questo libro nasce da una sua esigenza di raccontare qualcosa che le piace o vuole cavalcare l’onda commerciale di altri libri di successo ispirati a Dante e alla sua opera (Inferno di Dan Brown)?

Questa domanda la rivolga piuttosto a Dan Brown, chieda a lui se non ha inteso cavalcare la fama di Leonardo da Vinci e di Dante per battere cassa. Chieda a Dan Brown quanti anni della sua vita ha dedicato allo studio di Dante. Dalle conoscenze superficiali che mostra, dagli errori che fa, direi non più di un anno. Io ho letto la Vita nova a quindici anni, tutta la Commedia entro i ventidue (adesso ne ho 54), insomma studio Dante da ben prima che fosse cavalcabile una qualsiasi onda commerciale del genere. E il mioLibro segreto di Dante è uscito nel 2011, Inferno di Dan Brown nel 2013. Tiri lei le somme.

Fioretti batte Brown





Pubblicato da Raffaele Cecoro

Raffaele Cecoro ([email protected]) Casertano, laureato in giurisprudenza con una forte passione per la scrittura e per la letteratura. Da qualche mese ha cominciato la stesura del suo primo romanzo e nel tempo libero redige un blog letterario multitematico, il suo stile è un ibrido di humor e serietà.