Quella ragazzina vestita di verde, seduta sullo sgabello più alto, le gambe dondolanti che non toccano neanche il poggia piedi, ha i capelli veramente biondi e accende una sigaretta dietro l’altra; con grande naturalezza e con una certa distrazione, usa la brace della sigaretta morente per accenderne una intatta; sta bevendo una spremuta d’arancia sotto la luce obliqua del tardo pomeriggio di luglio, che filtra nella sala attraverso i vetri all’inglese, mettendo a nudo il pudore del pulviscolo atmosferico e della peluria dorata che le vela le spalle. Il bar è deserto, apparentemente lei è l’unica abitante di questo luogo, il barista sembra essere evaporato nell’aria calda lasciando solo il grembiule macchiato sul lavandino; per la strada non c’è nessuno, non passano biciclette né carrozze né automobili né pedoni; anche gli uccelli e le cicale sono scomparsi o almeno hanno deciso che per il momento non bisogna volare, cinguettare, frinire; l’aria è immobile e calda, non un alito di vento, a parte i cicloni e gli anticiloni che crei tu, ragazzina vestita di verde, quando inspiri ed espiri la tua sigaretta, i dislivelli di pressione quando tiri la spremuta d’arancia dalla tua cannuccia gialla; il silenzio farebbe male alle orecchie, se non fosse rotto dal cigolio dello sgabello mentre dondoli i piedi, dal sibilo del tuo respiro, dal martellio prodotto dal pulsare del tuo sangue in quella vena azzurro-verde che ti corre sulla tempia, dal gorgo creato dal risucchio della tua cannuccia e dal crepitio del fuoco rovente della tua sigaretta.
Se quella ragazzina vestita di verde, che è una fumatrice, decidesse di non accendere un’ altra sigaretta con il mozzicone di questa che oramai sta terminando, o se finisse le sigarette, o se non volesse più fumare, state certi che di colpo piomberebbero nel bar una moltitudine di avventori che con foga farebbero stravaganti ordinazioni al barista, ancora intento a riallacciarsi il grembiule sporco; gli avventori dovrebbero disciplinarsi e parlare uno alla volta o per lo meno in maniera più chiara e a volume più basso perché le loro grida tenderebbero a confondersi con i rombi delle automobili, lo scalpiccio delle carrozze, i campanelli delle biciclette dei ragazzi, il frinire delle cicale, il gracchiare degli uccelli, le urla dei venditori del mercato cittadino, le preghiere delle monache nel convento antistante il bar e dei mendicanti seduti davanti alla banca; per evitare furti o incidenti il barista dovrebbe accendere la luce elettrica perché una grossa nuvola viola oscurerebbe il sole e una nebbia sottile comincerebbe ad insinuarsi lungo il corso principale fino a ristagnare giù in fondo, oltre la fontana, nel camposanto e questo spezzerebbe il cuore a tutte le vedove e i vedovi, le orfane e gli orfani della cittadina perché sarebbe il giorno dei morti e nella nebbia dovrebbero vagare in vano a lungo prima di trovare a memoria la tomba dei loro cari per portargli un fiore; la terra si bagnerebbe delle loro lacrime che, scendendo in un rivolo verso il centro del paese contagerebbero con la loro umidità gli occhi di tutti, e in poco tempo la cittadina sarebbe straziata dal pianto!
Ma non preoccupatevi, voi che temete il contagio, questo non può accadere perché quella ragazzina vestita di verde non permetterà mai che nessuno nella sua città, semmai qualcun altro ci fosse oltre lei, possa provare gli strazi del pianto né che il suo luglio silenzioso, vuoto e fumoso diventi la festa dei morti, né che ci sia nebbia o che altro di diverso dal suo fumo passi davanti ai raggi del sole: quella ragazzina vestita di verde che distrae il mondo è una vera fumatrice.
Gunther Maria Carrasco