RECENSIONE| “La storia dell’orso” di Stefano Ricci

RECENSIONE| “La storia dell’orso” di Stefano Ricci

Una novella grafica che narra le vicende di animali, la crudeltà dell’uomo e “strane” amicizie.

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La copertina de “La storia dell’orso”

Il volume “La storia dell’orso” ci è giunto qualche settimana fa da Macerata il mittente è la Quodlibet, casa editrice fondata a Macerata nel 1993 da un gruppo di allievi di Giorgio Agamben, e inizialmente specializzata in saggistica e filosofia, sotto la guida dei due condirettori Gino Giometti e Stefano Verdicchio si è aperta alla letteratura, alla critica d’arte, all’architettura, dando ampio spazio alla pubblicazione dei classici come Matteo Ricci.

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Tornando all’opera in esame, “La storia dell’orso” è un volume “massiccio” che consta di circa quattrocento pagine di egregia grammatura e totalmente illustrate, il formato è quello degli album fotografici di una volta ( un’ illustrazione in orizzontale su due pagine) il tutto è sorretto da una rilegatura classica raccolta in un cartonato di pregevole fattura.

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Ricci narra il viaggio di un giovane che sta prestando servizio civile come infermiere in un’ambulanza sugli Appennini. Il racconto è incalzante e pagina dopo pagina racconta alla sua amata Stellina le tappe del suo percorso, descrivendo i paesaggi in landscape e le stagioni, evoca i sogni e gli incontri. Il fulcro del racconto è un fatto di cronaca che l’autore scopre da un quotidiano sloveno ossia la storia della fuga di un orso selvaggio ferito che si aggira tra l’Italia e la Germania, inseguito da un gruppo di cacciatori che hanno il compito di abbatterlo. Esso però è trovato da una giovane donna che confida la sua scoperta a un amico, un uomo che conosce il linguaggio degli animali, riescono insieme ad accompagnarlo nel suo naturale letargo in un luogo nascosto. Ma al suo risveglio… Non vi diciamo più nulla.

Il nostro commento non può essere semplice, questa di Stefano Ricci è un’opera impegnata intrisa di sentimenti esistenzialisti e naturalisti, una storia in cui la tracotanza umana viene dipinta in chiaroscuro, in cui la malvagità dell’uomo nei confronti della natura non è utilizzata come extrema ratio ma come consuetudine basata su un pregiudizio di pericolosità. L’autore dipinge un uomo inconsapevole di essere l’animale più pericoloso del pianeta. Un libro che nonostante il finale in agrodolce dona parecchi spunti di riflessione, un inno ad imparare ad ascoltare la natura.

Focus sull’autore

Al valore del volume ha sicuramente contribuito il pedigree di Stefano Ricci, disegnatore e artista grafico di fama internazionale, dal 1986 collabora con la stampa periodica e l’editoria in Italia e all’estero (“Frigidaire”, “Avvenimenti”, “Linea d’ombra”, “Il manifesto”, “Esquire”, “Panorama”, “Glamour”, “Liberation”, “Les Inrockuptibles”, “Internazionale”, “Alias”, “Lo Straniero”, “Bang”, “la Repubblica”, Mondadori, Rizzoli, Einaudi ed altri). Dal 2008 dirige, con Anke Feuchtenberger, la casa editrice Mami Verlag. Tra le sue mostra personali ricordiamo: La rivincita della Cicala, Màntica, Societas Raffaello Sanzio, Cesena, 2009; Cosí su due piedi (con Ericailcane), Squadro Stamperia Galleria d’arte, Bologna, 2012; L’histoire de l’Ours, Galerie Martel, Paris, 2014.





Pubblicato da Raffaele Cecoro

Raffaele Cecoro ([email protected]) Casertano, laureato in giurisprudenza con una forte passione per la scrittura e per la letteratura. Da qualche mese ha cominciato la stesura del suo primo romanzo e nel tempo libero redige un blog letterario multitematico, il suo stile è un ibrido di humor e serietà.