Dedicato a Marek Hamsik

È oggi…finalmente è arrivato il giorno tanto atteso. Entri in quella stanza illuminata dai neon presenti sul soffitto, poggi la tua borsa sulla panca e inizi a spogliarti. La cerniera della tuta emana un flebile tacchettio, che nella tua mente rimbomba come se fosse il rombo di un gigantesco corno da guerra. Il cursore della lampo arriva fin sopra ai fermi e con un gesto della mano le due estremità della tuta si dividono. L’aria fresca ti avvolge il torace quasi come se volesse accarezzarti, darti la forza necessaria per non aver paura. Le spalle si muovono sinuosamente e le maniche lentamente liberano gli arti. Le tue mani slacciano i cappi che tengono stretto a te il morbido pantalone e, scivolando senza fretta verso terra fa respirare la pelle delle tue glabre e muscolose gambe. Gambe che valgono milioni e che in tanti farebbero follie per poterle avere, per poterle usare, per poterne godere! Ti siedi su quella panca di ferro, tanto gelata da farti venire un brivido che ti percorre tutta la schiena: togli gli occhiali, sfili via la maglietta e apri la borsa. Afferri quel tessuto leggero, di un colore così intenso che quasi ti acceca e la guardi per pochi istanti. Ti riaffiorano vecchi ricordi: tu bambino che corri dietro ad un pallone, tra le innevate strade di una fredda e nordica città. Nemmeno sapevi che esistesse una maglia di quel colore, figurarsi immaginare di poterci giocare in uno dei campionati più prestigiosi del mondo. Eppure ora la stringi tra le mani: tu che di quella fredda città conservi il ricordo nel tuo cuore e quasi ti sorprende farti trasportare dal calore della città in cui ora vivi. Certe volte fissi la tua immagine riflessa in uno specchio e stenti a riconoscerti:

‘Diventerò un campione e giocherò nel club più titolato e prestigioso del mondo, non mi legherò mai a nessuna maglia se non a quella della mia nazionale.’; Ti dicevi da bambino, ma ora quelle parole sembrano così prive di senso:

‘Cosa è cambiato da allora? Cosa mi ha fatto cambiare?’

Passi la mano su quel cerchio ricamato sulla maglia con al centro una N bianca e un piccolo sorriso ti solca il viso: non avresti mai creduto possibile eppure uno strano calore ha riscaldato il tuo freddo cuore. Poggi quell’indumento sulla panca e dalla borsa peschi un pantaloncino bianco, dei calzerotti e un paio di parastinchi. Con estrema cura indossi tutto: poggi i parastinchi sulla gamba, infili i calzerotti e indossi il pantaloncino. Prendi poi una scatola e con cura, quasi fosse uno scrigno magico, lo apri svelando il tesoro che è nascosto al suo interno: afferri quelle scarpette bianche, le allarghi e con attenzione le calzi come se fossero la cosa più importante del mondo.

Stringi lacci e ti alzi: è il momento. La devi indossare, è quasi un esigenza, è come se la tua pelle chiedesse di toccarla, di sentirsi accarezzata da quel tessuto. Allarghi l’incavo del collo, ci infili la testa e in quell’istante, come se una sortilegio riempisse l’ambiente intorno a te, la terra inizia a tremare, le pareti vibrano e un boato riempie tutta la stanza:

‘Sono in tanti anche questa sera! Non devo deluderli, non posso farlo.’

Non vivi un bel momento, le tue gambe sembrano non riuscire a tenere il peso del tuo corpo, non riescono a seguire i tuoi ordini e le idee che ti frullano per la testa. Senti qualcuno rumoreggiare, senti mormorii che ti infastidiscono, più di quanto tu stesso avresti mai potuto immaginare.

‘Perché mi danno fastidio? Possibile che mi importi così tanto di loro!?’ ti chiedi ancora più sorpreso.

Ma questa è la realtà oggettiva della tua vita, oramai sei fottuto! Quello strano nodulo allo stomaco che avverti è qualcosa che hai già sentito una volta, anzi due. Quel peso allo stomaco è lo stesso che hai provato guardando negli occhi quegli occhi, gli occhi della donna che ami e quelli di un bambino, del bambino, il tuo bambino: tuo figlio. Le mani spingono la maglia fin sul bacino e la luce penetra le tue palpebre, che lentamente si riaprono. I tuoi occhi osservano attentamente, scrutano le pupille dei tuoi compagni. Un piccoletto, uno dai capelli a spazzola e dagli occhi affusolati si avvicina sorridente e ti poggia la mano sulla spalla:

«Stiamo per iniziare!» ti dice in un italiano un po’ argentino e tu gli sorridi mostrandogli i tuoi bianchi e grossi denti.

Un altro si avvicina, poggia la mano sulla spalla e la stringe con forza, come se volesse trasmetterti fiducia: nei suoi occhi brilla una luce particolare, una scintilla che hai visto in tanti occhi da quando sei in questa città: lui è uno di loro! Senti il suo cuore vibrare come un diapason, con la stessa intensità e la stessa forza del boato che proviene fuori. Anche lui come te è in difficoltà, sente la stessa pressione che avverti tu, ma nonostante questo nei suoi occhi si percepisce la voglia di riscatto: per lui è più importante che quella maglia sia guidata al successo, piuttosto che segnare, piuttosto che godere di un trionfo personale! E allora stringi i pugni, senti un brivido solcarti la schiena e annuisci con convinzione. Sei sicuro di te: questa sera segnerò! Esci dagli spogliatoi insieme ai tuoi compagni, incontri i tuoi avversari, leggi nei loro occhi il terrore. Quel terrore che proviene dalle paure più recondite. Sentono la terra tremare intorno a loro e non capiscono la natura mostruosa di quel boato che rimbomba tra le pareti di uno stretto corridoio. Vedi le scale, segui il treno dei tuoi compagni ma vorresti essere il primo ad uscire dal tunnel. Un nuovo boato, un altro ancora, sempre più potente e forte, sempre più spaventoso e rinvigorente. Il tuo piede calpesta il primo ciuffo d’erba e pensi:

‘Questa volta ce la farò!’

Ed urli: «Segnerò per te Napoli!!!!»



L.F.