I racconti del Marinaio – Free Cash | Parte Terza

Racconto inedito di Cecoro Raffaele tratto da “I Racconti del Marinaio”

“Sembrano fiori di loto! Tua nonna amava spargerli per casa dopo le pulizie di primavera…”
Esclamò alzandosi, interrompendo così quello status di stupore.
Io celavo dietro un muto silenzio le mie grosse paure e seguivo i suoi passi osservando la sua ombra sul pavimento. Non aveva l’aria di un ristorante ne di un centro commerciale e questo l’avevamo potuto intuire molto facilmente dal fatto che quella casa era tanto grande quanto vuota.
Proseguimmo in avanti per più di cento passi imbattendoci in centinaia di illustrazioni cinesi su carta di riso collocate alle pareti. Mentre continuavamo a marciare in quel lungo corridoio d’impeto sentimmo urla provenire dai sotterranei ed in corrispondenza con la fine di esse sentii anche deglutire mio padre che a quanto pare si era fatto smorzare anch’egli la gola dalla paura, mi prese per mano e guardandomi di sottecchi mi disse di stargli vicino, proseguimmo il nostro cammino lungo questo corridoio che ormai sembrava senza via d’uscita, sempre accompagnati da urla sporadiche dotate di una forza sovraumana, tale da far tremare le pareti ed il pavimento sotto di noi, accelerammo un po’ il passo ma poi all’improvviso mio padre frenò : sotto di noi, incredibile a dirsi,c’era un incredibile voragine. Con occhi socchiusi provammo a guardare all’interno ed era ricolma di anime frustrate e vaganti che si spintonavano e percuotevano reciprocamente e sulle quali venivano costantemente spruzzati gettiti d’acqua bollente, sembrava il cuore di un enorme vulcano nel pieno della sua attività eruttiva.
Le anime si muovevano con velocità ma erano pero dotate di enorme caducità. Noi le osservavamo attoniti e loro non sembravano per nulla accorgersi della nostra presenza ma d’impeto una di esse, una donna dagli occhi vitrei, sclerotici e dai tratti somatici scarni, intrisi di sangue scuro, con una forte spinta dal basso balzò verso noi e si avvinghiò alla caviglia di mio padre cercando con forza disumana di trascinarlo giù. Io lo trattenevo a fatica poi da discreto rugbista scagliai un calcione alle tempie della donna, il che fece si che perdesse gran parte del cranio, mio padre dal canto suo si divincolò scagliando ulteriori calci sul corpo ormai a pezzi lasciandolo cadere giù dove il resto delle anime lo divorarono in un istante. Vista la pericolosità del luogo dovevamo abbandonarlo al più presto e l’unico modo per superare quella grande voragine era passare di sbieco sul ciglio di essa stando appoggiati saldamente ad un muro. Mio padre mi fece segno di spostarmi ed adagiandosi sulle ginocchia testò la consistenza di quel lembo di restante pavimentazione che poteva permetterci il passaggio.
” Vado prima io! Voglio esser certo che possa sostenere il peso”
Non mi diede nemmeno il tempo di dargli le solite futili raccomandazioni che repentinamente messosi spalle al muro cominciò a strisciargli contro cercando di non lasciar mai cadere l’occhio all’interno dell’enorme burrone, deglutendo ad ogni cigolo mormorio di ghiaia che gli di sgretolasse sotto i piedi. Arrivò dall’altra parte in un baleno.
“Tocca a te campione! Sta attento ho gettato all’aria quattro o cinque stipendi per quel corso di scout vediamo di cosa sei capace!”
Con queste parole cercò di farmi coraggio e cominciò a seguire con occhio più che vigile ogni mi singolo movimento. Io sentivo il cuore in gola e cominciai a produrre una sudorazione fuori dal comune. Ero quasi li ad un passo dal mio vecchio quando un pezzo consistente di pavimentazione si staccò e precipitò giù attirando l’attenzione di quelle anime malvagie.





Pubblicato da Raffaele_Cecoro

Casertano, laureato in giurisprudenza con una forte passione per la scrittura e per la letteratura. Da qualche mese ha cominciato la stesura del suo primo romanzo e nel tempo libero redige un blog letterario multitematico, il suo stile è un ibrido di humor e serietà.